L’Italia non è più un paese per “vecchi”

È una notizia di questi giorni diffusa un po’ in tutti i TG e le radio nazionali. Secondo il rapporto presentato dal Global AgeWatch Index, l’Italia si colloca al trentanovesimo posto (su 96 nazioni) per benessere e qualità della vita delle persone anziane. Un risultato decisamente poco confortante specie se paragonato alla percentuale di popolazione over 65 presente nel nostro territorio che, secondo i dati elaborati dall’Istat nel 2013, rappresenta il 21% della popolazione totale.

Il rapporto evidenzia cosa stanno facendo i paesi del mondo, per far vivere meglio gli anziani, nei confronti del sistema pensionistico, della salute, dell’istruzione, dell’occupazione e del sociale, nell’ambiente in cui vivono.

Nel documento viene sottolineato come la crescita economica da sola non sia sufficiente a migliorare il benessere delle persone anziane. La troppa disparità di reddito ha fatto sì che molte persone anziane si siano trovate in condizione di estrema povertà, con problemi a reperire il cibo, senza reddito o con un reddito insufficiente, con un accesso sempre più difficile agli aiuti sociali e alle cure sanitarie. Tutte condizioni che pongono l’anziano in condizioni di notevole vulnerabilità e fragilità. È noto che la malnutrizione e l’isolamento sociale, determinino sempre più frequentemente l’aumento delle malattie, il ricorso alle cure sanitarie e all’istituzionalizzazione.

Secondo l’indice, il paese migliore dove invecchiare è risultato la Norvegia. Occupano poi le prime 10 posizioni, paesi come il Giappone, alcuni paesi dell’Europa occidentale, l’America del Nord e l’Australia. Il paese peggiore dove trascorrere la vecchiaia è risultato l’Afghanistan (al 96esimo posto) preceduto dai paesi Africani, dal Venezuela, dalla Serbia e dalla Turchia. Come già detto precedentemente, la crescita economica da sola non basta a migliorare il benessere degli anziani. Politiche rivolte, per esempio, alla sicurezza del reddito hanno fatto si che il Messico si sia potuto sollevare di ben 26 posti nella classifica generale dello scorso anno, sebbene sia meno ricco della Turchia.

Purtroppo l’Italia, a fronte di un sistema pensionistico non sempre adeguato al costo della vita, a tagli economici anche a carico della sanità, a carenza di strutture e di servizi siano essi sociali siano sanitari, la pongono tra i paesi dove invecchiare non è sinonimo di qualità della vita, occupando il 39 esimo posto (perdendo 12 posizioni rispetto allo scorso anno), subito prima dell’Armenia e della Romania.

Oltre al sistema delle pensioni, alla sicurezza economica e alla salute, gli ambiti presi in considerazione, riguardano anche la sicurezza fisica, il supporto e il coinvolgimento sociale (ad esempio il trasporto pubblico offerto che risulta essere molto insoddisfacente per circa il 50% degli anziani). Dunque è ora di rimboccarsi le maniche, se non vogliamo farci le valigie, e di porre più attenzione ad una categoria di persone, il più delle volte ancora attive e socialmente impegnate, come sostiene Silvia Stefanoni di HelpAge International, “la continua esclusione dell’invecchiamento dalle agende nazionali e globali è uno degli ostacoli maggiori all’obiettivo di rispondere alle necessità della popolazione mondiale che sta invecchiando”.                        N.N A&V

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